Con la Legge di Bilancio 2017 n. 232/2016 (link al documento) debuttano in Italia i Piani di risparmio individuali, comunemente chiamati PIR (commi da 100 a 114 dell’art. 1 della suddetta legge).

L’obiettivo dei PIR è di favorire la crescita del sistema imprenditoriale italiano tramite l’investimento a medio lungo termine di risorse provenienti da risparmiatori che, per contro, beneficeranno di un incentivo fiscale importante.

Secondo quanto previsto dall’art. 1, co. 101, tali strumenti si costituiscono “attraverso l\’apertura di un  rapporto di custodia o amministrazione o di gestione  di  portafogli  o  altro stabile rapporto con esercizio dell\’opzione per  l\’applicazione  del regime del risparmio amministrato […] o  di  un  contratto   di assicurazione  sulla  vita  o  di  capitalizzazione”.

Per quanto riguarda i destinatari, i PIR sono riservati alle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato. Inoltre, ciascun investitore potrà essere titolare di un solo Piano di risparmio—e ciascun piano non potrà avere  più di  un titolare—nel quale non potranno essere investiti più di 30.000 euro all’anno ed entro un limite complessivo di 150.000 euro.

Ad invogliare i risparmiatori interviene l’agevolazione fiscale di cui si è detto sopra, consistente nell’esenzione dalle imposte dei redditi conseguiti, al difuori dell\’esercizio  di  impresa  commerciale, derivanti dagli  investimenti nei Piani (art. 1, co. 100).

A tale esenzione fiscale sarà, però, possibile accedere solamente rispettando determinate condizioni relative sia alla composizione del patrimonio del PIR  sia al periodo di detenzione degli strumenti finanziari. Diversamente, infatti, le tasse, unitamente agli interessi, saranno dovute.

Si tratta, infatti, di un investimento vincolato poiché, ai sensi dell’art. 1, co. 102, le somme o i valori destinati nel Piano devono essere investiti per  almeno  il  70% del valore complessivo in strumenti finanziari,  anche  non negoziati nei mercati regolamentati o nei  sistemi  multilaterali  di negoziazione, emessi o stipulati con imprese italiane ed estere (UE e SEE) con stabile organizzazione in Italia, che  svolgono  attività diverse da quella immobiliare. Di questo 70% almeno il 30% deve essere investito in  imprese diverse da quelle inserite nell’indice FTSE MIB di Borsa italiana o in altri indici equivalenti.

Si rileva, poi, all’art. 1, co. 103 un limite alla concentrazione: il patrimonio del PIR, infatti, non potrà essere investito per una quota superiore al 10% del totale in strumenti finanziari emessi o stipulati con lo stesso emittente o con altra società appartenente al medesimo gruppo o in depositi e conti correnti.

Si evidenzia, inoltre, che l’art. 1, co. 104 considera investimenti qualificati  anche  le  quote  o azioni  di  OICR italiani o esteri (UE e SEE) che investono in strumenti finanziari nel rispetto delle predette condizioni.

Per quanto riguarda, invece, il vincolo temporale, si è stabilito che per poter usufruire dell’incentivo fiscale sarà necessario detenere lo strumento in portafoglio per almeno 5 anni (art.1, co. 106 e 107).

In conclusione, i PIR puntano al sostegno dell’economia reale, reperendo risorse, per un periodo di tempo medio/lungo, indirizzate alle imprese con maggior fabbisogno finanziario e le maggiori difficoltà a reperire risorse tramite il canale bancario.