Con una comunicazione inviata il 1° luglio 2016, Banca d’Italia ha ribadito agli intermediari l’attenzione che occorre prestare ai reati fiscali quando realizzano anche fattispecie penali di riciclaggio, ossia sono perpetrati attraverso operazioni finanziarie volte a occultare, trasferire o reimpiegare nell’economia legale le disponibilità illecitamente costituite.

A tale riguardo ha ribadito che a livello internazionale, nel corso degli ultimi anni, sono state definite diverse iniziative per impedire che il fenomeno dell’evasione fiscale sia agevolato da arbitraggi regolamentari offerti da giurisdizioni a fiscalità privilegiata (cd. paradisi fiscali).

Ad esempio il Global Forum on Transparency and Exchange of Information for Tax Purposes dell’OCSE tramite peer reviews provvede ad effettuare delle valutazioni sull’adeguatezza delle legislazioni nazionali basati sia sulla conformità legale agli standard internazionali sia sulla concreta efficacia dello scambio di informazioni. Si rileva, infatti, che tra le ultime valutazioni pubblicate a marzo 2016, sono  presenti quelle relative a: Croazia, Tunisia, Botswana, El Salvador, Kenia e Nigeria.

Al contempo il GAFI effettua le proprie valutazioni sulle misure adottate dai diversi paesi in materia di antiriciclaggio e contro il finanziamento al terrorismo (si ricorda quella sull’Italia pubblicata il 10 febbraio 2016), nonché pubblica linee guida e standard utili per l’adozione di adeguati sistemi antiriciclaggio, come ad esempio gli standard sempre più stringenti in materia di identificazione del cd. titolare effettivo dei rapporti e di pubblicazione dei relativi dati.

La comunicazione, pertanto segnala l’esigenza di valutare con particolare attenzione i rapporti con i clienti che chiedono di effettuare transazioni sospette di evasione fiscale, soprattutto se implicano l’utilizzo di schemi societari complessi insediati in Stati extra comunitari.

Inoltre, ricorda che già l’art. 28 co. 7 ter del D.Lgs. 231/2007 prevede che i soggetti obbligati si astengano dall’intrattenere rapporti con fiduciarie, trust, società anonime o controllate attraverso azioni al portatore aventi sede in Paesi che presentino particolari rischi di riciclaggio/finanziamento al terrorismo secondo il GAFI ovvero che non forniscano collaborazione allo scambio d’informazione in materia fiscale, come ad esempio quelli diversi da quelli indicati nell’elenco pubblicato il 30 maggio 2016 dall’Agenzia delle Entrate che evidenzia l’elenco degli Stati con i quali sono in vigore accordi per lo scambio di informazioni o per l’assistenza al recupero crediti (cd. White list).